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“Chi non ricorda il passato è condannato a ripeterlo”

La frase di George Santayana incisa in trenta lingue, sul monumento all’ingresso del campo di concentramento di Dachau, è un monito per le generazioni future, affinché il lato più oscuro dell’essere umano impari a essere migliore di quello che è stato in precedenza, sentire che era fortissimo nell’ultimo decennio del XX° secolo, dopo la caduta del Muro di Berlino. Ma quale reale e concreto significato ha quel ‘migliore’? Rispetto a quale morale ed etica e di che parte del mondo, interpretate in modo soggettivo e totalmente differenti da nazione a nazione, alle volte anche da regione a regione, se non provincia?

Esiste la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ma è uno standard ideale che le nazioni di tutto il mondo condividono, ma non ha forza di legge. Pertanto, tra il 1948 ed il 1966, il compito principale della Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani è stato quello di creare un corpo di leggi internazionali sui diritti umani basato sulla Dichiarazione e di istituire i meccanismi necessari a farne osservare l’attuazione e l’uso. Ma non è globalmente condivisa, né è scontato farla rispettare, come conferma il presente che viviamo.

Di contro, pur essendo così importante per costruire il futuro, il presente non esiste: nella fisica relativistica il presente di un evento coincide con l’evento stesso, dunque non ha alcuna estensione temporale. Nella nostra esperienza invece la sua durata non è istantanea. In generale le leggi fisiche fondamentali non distinguono tra passato e futuro, mentre la nostra esperienza del mondo è ovviamente irreversibile, e definisce il nostro passato.

Normalmente chi non è addentro al processo creativo dell’Arte e degli Artisti li percepisce come distanti dalla realtà e scollegati dal mondo. Ma è vero semmai l’opposto: nel modo più naturale chi riesce a esprimersi tramite la propria disciplina artistica rompe quelle sovrastrutture che il resto del mondo non riesce a vedere, impossibilitato a percepire la propria alienazione da sé stesso e dai fatti.

L’Arte non è politica, ma la subisce quotidianamente, ed esprime il risultato di quella linea di condotta. Un sentire del tutto personale che viene svelato a chiunque mettendolo di fronte a sé stesso.

Vedere un’opera d’arte è come guardarsi allo specchio.

Divenne famosa la domanda fatta a Picasso (in quegli anni considerato dai nazifascisti un artista degenerato) sulla sua monumentale opera Guernica:

“Avete fatto voi questo orrore, maestro?”, chiese l’ufficiale nazista.
“No, l’avete fatto voi”, rispose Picasso.

Utopia, distopia, ucronia, discronia. L’Arte svela la quotidianità del mondo e inevitabilmente alle volte riesce a predirne il futuro, mai perfetto e mai scontato; muovendosi in un area sciamanica che ha a che fare con l’Umano e con il Sacro, ma mai con il potere.

Alessandro Passerini
(Direttore Artistico Premio B. Cascella)

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